(Medellin, COL, 1932)
La
sua formazione è legata alla sua terra d’origine, con la
frequentazione prima del liceo e poi dell’Istituto di Belle
Arti di Medellin. A 16 anni espone le sue prime opere (1948) e
collabora al giornale "El Colombiano", disegnandone le
illustrazioni. Nel 1951 realizza la prima mostra personale, alla
Galleria Leo Matiz di Bogotà. L’anno successivo si
trasferisce nella capitale colombiana entrando in contatto con il
fervente ambiente culturale (Rivera, Siqueiros, Orozco) e vincendo il
"secondo premio" al IX Salone degli Artisti Colombiani. Si
reca, con il denaro della vincita, in Europa e si iscrive prima
all'Accademia Reale di San Fernando a Madrid (1952) e poi
all'Accademia di San Marco a Firenze (1953), seguendo le lezioni di
Roberto Longhi.
Negli anni successivi si sposta in Colombia, in
Messico e a Washington, dove nel 1958 i lavori esposti alla Gres
Gallery vengono venduti tutti il giorno stesso dell'inaugurazione. A
soli 26 anni ottiene la cattedra di pittura all'Accademia d'Arte di
Bogotá (fino al 1960).
Espone
in sedi prestigiose e nel 1966 si tiene la sua prima grande personale
europea alla Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden, Germania. La sua
vita è divisa fra New York, Bogotà e l'Europa; nel 1973
si trasferisce a Parigi, dedicandosi anche alla scultura e presenta
la sua prima personale in Italia presso la Galleria Marlborough a
Roma.
Oltre che in importanti gallerie d'arte internazionali, le
sue opere di pittura e scultura sono state presentate in tutti i più
importanti musei del mondo: Bogotá (1964); Rotterdam (1975);
Caracas (1976; 1986; 1987-89); Svezia, Norvegia e Belgio (1979);
Washington D.C. (Hirshhorn Museum, 1979); Stati Uniti (1982-1984);
Germania (1986); Giappone (1981; 1986); Madrid (1987); Milano
(Castello Sforzesco) e Napoli (1987); Messico (1989); Firenze (Forte
di Belvedere, 1991); Roma (Palazzo delle Esposizioni, 1991); Vienna
(1992); Parigi (Champs-Elysées e Grand Palais 1992); Avignone
(1993); Mosca (1993); San Pietroburgo (1993); Central Park, New York
(1993); Helsinki (1994); Buenos Aires (1994); Madrid (1994); Santiago
(1997); Lugano (1997); Brasile (1998); Firenze (1999); Tel Aviv
(1999); Medellìn (2000); Milano (Palazzo Reale, 2001; 2007);
Stoccolma (2001); Copenhagen (2002); Venezia (2003); L'Aja (2003);
Singapore (2004); Roma (Palazzo Venezia, 2005); Germania (2006);
Atene (2006); Musée National des Beaux-Arts du Québec
(2007). Ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti e sue opere sono
presenti in numerose collezioni pubbliche fra cui i musei di
Medellin, Caracas, New York, Baltimora, Tokyo, Oslo, Helsinki,
Vaticano, Monaco di Baviera, Gerusalemme.
Dal
1983 l'artista soggiorna per diversi mesi all’anno a
Pietrasanta, lavorando presso il suo studio e collaborando con
diverse fonderie e laboratori del territorio. Nel 1991 riceve il
Premio "Pietrasanta e la Versilia nel mondo", mentre nel
2001 ottiene la "cittadinanza onoraria".
Dal
1992 fa parte del Parco Internazionale di Scultura Contemporanea di
Pietrasanta l’opera Il guerriero, posta in piazza Matteotti.
Nel 1993 sono stati eseguiti, inoltre, gli affreschi La porta del
Paradiso e La porta dell’Inferno nella Chiesa di S. Antonio e
S. Biagio o della Misericordia. Si possono ammirare presso il Museo
dei Bozzetti ‘Pierluigi Gherardi’ i bozzetti Adamo, Donna
con un ombrello, Eva, tuttotondi in gesso del 1977.
Botero
ha preso parte nell’area a molte collettive, tra cui la "X
Biennale di Scultura" di Carrara (2000). A Pietrasanta ha tenuto
sue personali in Piazza del Duomo e Chiesa di S. Agostino nel 2000 e
nel 2012; quest’ultima in occasione dei suoi ottanta anni.
“Fernando
Botero si accosta alla scultura per la prima volta nel 1973: fonde
nel bronzo a Parigi una piccola mano, ma il seguito e il successo del
nuovo impegno artistico sono da abbinarsi alla scoperta e alla
frequentazione di Pietrasanta. Perché Botero sceglie di
diventare scultore a un certo punto della sua vita? Perché in
effetti i suoi personaggi agivano già in una tipica e concreta
tridimensionalità che andava estratta dal quadro. Il
procedimento non era e non è stato poi così semplice:
occorreva trasferire quel seme, quel clima persuasivo in un ambiente
completamente diverso. Nel dipinto assume una fondamentale importanza
la coreografia, il contesto in cui si svolge una narrazione
arricchita dalla suggestione cromatica; l’immagine scultorea
possiede invece un respiro autonomo e, quando diventa monumento, va a
interagire con l’ambiente che la circonda. Botero ha sostituito
il colore con la plasticità: il metallo si espande
armoniosamente e perentoriamente nello spazio. L’ingenuità
si trasforma in ieraticità: i volti inespressivi paiono ora
rubati a personaggi dell’iconografia etrusca o egizia; i corpi
pescano nella classicità certi canoni strutturali o nel mondo
arcaico certe soluzioni semplici ed essenziali di racconto. Botero ha
dovuto modificare un poco il suo atteggiamento narrativo per essere
ancora se stesso in maniera convincente. L’ironia ora si sposa
alla maestosità e al mistero più ampio che si nasconde
dietro un viso enigmatico, proiettato fino a noi da un tempo
immobile.” (L. Caprile, 2000)
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